Il Premi Ubu sono forse i premi più
prestigiosi per il teatro italiano. Nascono nel 1977 per iniziativa di Franco
Quadri, critico teatrale milanese recentemente scomparso. Quadri fonda nel 1971
la casa editrice Ubulibri, dedicata
al teatro e alle arti visive, e, alla fine degli anni ’70, istituisce il premio
e comincia la pubblicazione di una rivista, il Patalogo, autorevole catalogo dei migliori spettacoli allestiti in
Italia e all’estero. Quadri, che è stato anche critico teatrale per Repubblica, ha promosso il teatro di ricerca
sostenendo le compagnie e gli autori più sperimentali in Italia e fuori: suoi
sono importanti saggi su figure come Wilson, Ronconi, Genet. Nel nome dei premi
e della casa editrice si riferisce a Ubu,
il protagonista di un’opera teatrale intitolata Ubu roi, scritta dal francese Alfred Jarry poco più che ventenne e
pubblicata nel 1896: l’opera, per i suoi toni visionari e dissacranti, è
considerata un’anticipazione del teatro surrealista e dell’assurdo.
Tra gli ultimi Premi
Ubu per la scenografia vi sono quello del 2011 a Maurizio Balò per Il misantropo (da Molière, regia di
Massimo Castri,) e quello del 2009 a Margherita Palli per Sogno di una notte di mezza estate (da Shakespeare, regia di Luca
Ronconi).
I due
allestimenti sono interessanti dal nostro punto di vista: nel primo, Balò (da
tempo collaboratore di Massimo Castri) evoca un ambiente storico senza
riproporlo alla lettera: ne cita solo un elemento (uno specchio con candelabri)
e ne altera la percezione moltiplicandolo. Lo specchio diviene così la
proiezione del narcisismo patologico del protagonista: un elemento realistico
viene decontestualizzato ed è utilizzato
in senso fortemente psicologico. (Cliccando questo link si può leggere un'intervista allo scenografo e vedere alcune immagini dei suoi bozzetti, compreso quello per Il misantropo: http://www.chiediteatro.it/approfondimenti-k2/item/317-intervista-a-maurizio-bal%C3%B2-le-difficolt%C3%A0-come-punti-di-forza.html).
Margherita
Palli, su suggerimento di Ronconi, trasforma gli elementi della scena scespiriana
nella loro enunciazione letterale: invece di costruire simulacri della luna, di
Atene e della foresta, l’evocazione è demandata a grandi scritte luminose che riproducono
quei nomi e occupano il palco: gli attori interagiscono direttamente con esse
come fossero oggetti o pedane. Un esempio di un’evocazione scenografia del
tutto libera dal riferimento realistico e di un’idea di teatro come spettacolo concettuale
e autonomo (anche nell'interpretazione di uno dei suoi testi classici).
Nessun commento:
Posta un commento